La lezione è alle battute finali. I bimbi sanno che , tra poco, sarà tempo di partitella. In breve il campo si riempie delle voci, dei suoni, dei colori dei bambini. Lo splendido scenario naturale che circonda lo Stadio Franco Ossola, immerso nella luce del crepuscolo, è dominato dal simpatico frastuono degli scriccioli biancorossi, impazienti di giocare sul campo “dei grandi”. E mi viene da pensare. Il verde del prato e l’azzurro del cielo mi accompagnano al recupero dei sussidi didattici, palloni e casacche. Già, il pallone. Per un bimbo è divertimento puro, l’essenza del gioco, la felicità. Ma il Calcio ha passato il punto di non ritorno. Guardo i piccoli biancorossi zampettare sul rettangolo di gioco. Quello è il loro mondo, un’oasi felice ove Rooney gioca con Dani Alves e Cristiano Ronaldo palleggia con Fabregas. E poi arriva il lupo cattivo, perché solo nelle fiabe si vive felici e contenti. Qui, nel regno di Uncino, vi sono dei pirati che usurpano i sogni, orchetti senza dignità, avidi di tesori e della buona fede altrui. Piccoli uomini in debito col destino che li ha resi ricchi e famosi in cambio di una pedata al pallone. Ma non basta mai. Ingordi di danaro e supponenti nella consapevolezza di gestire la sorte delle partite. Catturati, chiedono pietà. Creature da sottobosco con i piedi di argilla. Finti eroi. Colpevoli del crimine peggiore, avere illuso i bambini. Maxima debetur puero reverentia, sosteneva Giovenale. Perché i bimbi credono. Credono nel loro gioco preferito, il Calcio. Come noi, che ci siamo dentro fino al collo. Sin dai tempi del Liceo, jeans e Gazzetta, a sopportare la fastidiosa intellettuale condiscendenza di coloro che ti consideravano alla stregua dei “22 idioti in mutande”. Ma non potranno mai capire. Come fai a capire quando mancano pochi minuti alla fine e Buba ha sui piedi il tiro della promozione. E ti guardi intorno e vedi migliaia di volti stravolti dall’emozione, dalla paura, dalla speranza. E poi il fischio finale e tutti che impazziscono. Il nostro mondo finisce a giugno e riparte in agosto. Non c’è nulla di male in questo. Non troppo spesso accade, purtroppo, che l’erba grama intacchi la magia. Ci sono cose che non se ne andranno mai. Ecco il misfatto peggiore, il genocidio di migliaia di cuori, la rapina dell’incanto dei bambini. Molti giornali lodano il “Modello Varese”, squadra e Società costruite con capacità e professionalità, pronti a stupire chiunque, ottenendo risultati insperati. Tutto vero, sacrosanto, reale ed oggettivo. Ma il Santo Graal è qui, sullo spazio verde dietro le porte del campo centrale, ove un allenatore conteso da tutte le TV e calciatori professionisti dal curriculum di tutto rispetto si lasciano contagiare dalla purezza del gioco, dall’entusiasmo dei bambini. Li osservo con emozione, mi sento completamente biancorosso. E sono orgoglioso che ci rappresentino. Sono Uomini e non semplici calciatori. Non c’è un Modello Varese. Ma l’A.S.Varese1910 è un modello per chiunque. Corrono, sorridono, scherzano con i bimbi. Rimanete cosi, vi prego comunque vada. Continuate a ridere , a parlare con i tifosi ed i giornalisti, a mantenere la faccia pulita. Ecco il segreto. L’umiltà di un gruppo straordinario. La forza del gioco di squadra, dell’armonia della musica che si sprigiona ogni volta che entri al Franco Ossola. E’ sempre e solo una partita di pallone, come dice Mister Sannino. Già, il pallone. Un mondo a spicchi di storie di vita, di vittorie e di sconfitte, di pirati ma anche di valorosi. Un meraviglioso mondo di eroi semplici, che mi aiutano a recuperare i birilli delle porte, mentre, cullati dai monti alle nostre spalle, rientriamo nella vita vera
Marco Caccianiga- Scuola Calcio A.S.Varese 1910
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