mercoledì 29 febbraio 2012

Progetto Bimbo. Il Calcio alla Materna

Il porto sicuro, l’ormeggio protetto, l’unico luogo dove il gioco è allegria, emozione, onore. Benvenuti in Brasile. Cosi’ recita il sito Brasil Futebol. Il sorriso ha il colore verdeoro di Ronaldinho, simbolo di sport-allegria. In Italia ha il ghigno arrogante della Moggi Family, sorta di Compagnia delle Indie pallonara, usurpatori di sogni, di poesia e di vittoria. L’ipocrisia di un ambiente connivente, fatto di nani, ballerine, veline, pecorine, ha contribuito a cancellare il significato di gioco  dalla denominazione federale. Il sorriso è pianto. La gioia, frustrazione. Cancelliamo tutto e ripartiamo dalle praterie del sogno, dagli eroi immacolati, i bambini. La magia del gioco, la qualità dell’attività motoria, il valore dell’educazione. Riki Sogliano fu chiarissimo. Ricostruiamo il Varese Calcio, ridiamo corpo ai sogni del popolo biancorosso, usurpati da una gestione scellerata. Ma ripartiamo dalla città, dalle proprie radici, da una casa madre come il Franco Ossola, scrigno di stagioni sportive da incanto. A.S.Varese 1910 non è solo una squadra di calcio. E’ un forziere costruito con sapienza, è una brigata allegra di amici-amanti dei colori biancorossi sbiaditi dal tempo e dall’inettitudine. Ogni pedina è al posto giusto. E poi i bambini. La linfa vitale, il carburante del sogno, la pietra su cui si fonda la Cattedrale biancorossa. Il Progetto Bimbo dell’A.S.Varese 1910 è scuola di vita. Il gioco come magia, sorriso, divertimento. Il Calcio come strumento educativo lontano anni luce dalle esasperazioni agonistiche di manovali dell’attività motoria che uccidono le aspettative dei piccoli atleti. E la scommessa di coinvolgere i bimbi della Scuola Materna. Piccoli, certo. Troppo piccoli per coloro che vogliono Campionati ad ogni costo. Ma esempio di gioia dello sport per chi, come la famiglia Sogliano, crede che  il recupero della cultura sportiva debba partire da Peter Pan e dall’Isola Che Non C’è. Il campo in erba sintetica dello stadio Franco Ossola di Varese si trasformerà, da maggio, nel galeone di Capitan Red, nave educativa con mini equipaggio, pronto a salpare verso luoghi incantati di gioco, movimento, educazione. Osserviamo i bimbi quando giocano. Felicità, immaginazione, inventiva. Nel gioco realtà e fantasia si confondono influenzandosi. Il bambino impara a conoscere il proprio corpo in funzione dello spazio, del tempo, degli altri e delle regole. Nel gioco il bimbo non finge, non assume atteggiamenti falsi o viziati, ma si esprime nella sua realtà concreta, sviluppa la forma più elementare di intelligenza. L’esperienza motoria è educazione, se ben guidata è la base dell’apprendimento. La palla è il sussidio didattico più stimolante. Coordinazione, lateralità, agilità, destrezza. E poi i giochi di imitazione, di ruolo, di regole. Il campo dell’A.S.Varese 1910 diventerà la casa dei bimbi, familiare come il cortile di casa o la colorata aula dell’asilo. L’educatore non sarà allenatore, sarà amico, maestro, fratello maggiore. Il colore del sorriso, rappresentato dai bimbi della “cantera” biancorossa, scesi in campo a testimoniare che la rinascita parte dalla limpidezza del gioco, dal gusto di una corsa tra il verde del prato e l’azzurro del cielo, dal piacere di accarezzare un pallone. La palla, rotonda come il mondo, strumento indispensabile al divertimento. Il pallone, bucato dagli spigolosi affondi di gente senza scrupoli, riverita nei salotti del potere, anni luce lontana dal cuore dello sport, fantocci con cerchietto ed orecchino teleguidati dai Mangiafuoco del terzo millennio. I Bambini, il loro sguardo vivace, intenso, incantato, spazzerà via i cattivi maestri, dipingerà di gioia un semplice gesto, il gioco della palla. Per tornare a sorridere, come Ronaldinho.
MARCO CACCIANIGA-Scuola Caclcio A.S.Varese1910  

lunedì 20 febbraio 2012

Da qui, Messere, si domina la valle...

La lezione è alle battute finali. I bimbi sanno che , tra poco, sarà tempo di partitella. In breve il campo si riempie delle voci, dei suoni, dei colori dei bambini. Lo splendido scenario naturale che circonda lo Stadio Franco Ossola, immerso nella luce del crepuscolo, è dominato dal simpatico frastuono degli scriccioli biancorossi, impazienti di giocare sul campo “dei grandi”.  E mi viene da pensare. Il verde del prato e l’azzurro del cielo mi accompagnano al recupero dei sussidi didattici, palloni e casacche. Già, il pallone. Per un bimbo è divertimento puro, l’essenza del gioco, la felicità. Ma il Calcio ha passato il punto di non ritorno. Guardo i piccoli biancorossi zampettare sul rettangolo di gioco. Quello è il loro mondo, un’oasi felice ove Rooney gioca con Dani Alves e Cristiano Ronaldo palleggia con Fabregas. E poi arriva il lupo cattivo, perché solo nelle fiabe si vive felici e contenti. Qui, nel regno di Uncino, vi sono dei pirati che usurpano i sogni, orchetti senza dignità, avidi di tesori e della buona fede altrui. Piccoli uomini in debito col destino che li ha resi ricchi e famosi in cambio di una pedata al pallone. Ma non basta mai. Ingordi di danaro e supponenti nella consapevolezza di gestire la sorte delle partite. Catturati, chiedono pietà. Creature da sottobosco con i piedi di argilla. Finti eroi. Colpevoli del crimine peggiore, avere illuso i bambini. Maxima debetur puero reverentia, sosteneva Giovenale. Perché i bimbi credono. Credono nel loro gioco preferito, il Calcio. Come noi, che ci siamo dentro fino al collo. Sin dai tempi del Liceo,  jeans e Gazzetta, a sopportare la fastidiosa intellettuale condiscendenza di coloro che ti consideravano alla stregua dei “22 idioti in mutande”. Ma non potranno mai capire. Come fai a capire quando mancano pochi minuti alla fine e Buba ha sui piedi il tiro della promozione. E ti guardi intorno e vedi migliaia di volti stravolti dall’emozione, dalla paura, dalla speranza. E poi il fischio finale e tutti che impazziscono. Il nostro mondo finisce a giugno e riparte in agosto. Non c’è nulla di male in questo. Non troppo spesso accade, purtroppo, che l’erba grama intacchi la magia. Ci sono cose che non se ne andranno mai. Ecco il misfatto peggiore, il genocidio di migliaia di cuori, la rapina dell’incanto dei bambini.  Molti giornali lodano il “Modello Varese”, squadra e Società costruite con capacità e professionalità, pronti a stupire chiunque, ottenendo risultati insperati. Tutto vero, sacrosanto, reale ed oggettivo. Ma il Santo Graal è qui, sullo spazio verde dietro le porte del campo centrale, ove un allenatore conteso da tutte le TV e calciatori professionisti dal curriculum di tutto rispetto si lasciano contagiare dalla purezza del gioco, dall’entusiasmo dei bambini. Li osservo con emozione, mi sento completamente biancorosso. E sono orgoglioso che ci rappresentino. Sono Uomini e non semplici calciatori. Non c’è un Modello Varese. Ma l’A.S.Varese1910 è un modello per chiunque. Corrono, sorridono, scherzano con i bimbi. Rimanete cosi, vi prego comunque vada. Continuate a ridere , a parlare con i tifosi ed i giornalisti, a mantenere la faccia pulita. Ecco il segreto. L’umiltà di un gruppo straordinario. La forza del gioco di squadra, dell’armonia della musica che si sprigiona ogni volta che entri al Franco Ossola. E’ sempre e solo una partita di pallone, come dice Mister Sannino. Già, il pallone. Un mondo a spicchi di storie di vita, di vittorie e di sconfitte, di pirati ma anche di valorosi. Un meraviglioso mondo di eroi semplici, che mi aiutano a recuperare i birilli delle porte, mentre, cullati dai monti alle nostre spalle, rientriamo nella vita vera
                             Marco Caccianiga- Scuola Calcio A.S.Varese 1910