lunedì 9 dicembre 2013

Si dice Nike, non Naik...



 Non troppo spesso ma, a volte, accade che un programma sportivo in tv, condotto da professionisti veri, esamini, attraverso seri approfondimenti e opinioni illustri, l’evoluzione storica del concetto di vittoria partendo dallo spirito che arde nel braciere olimpico sino alle esasperazioni dello sport business attuale. Il viaggio della Sacra Fiamma richiama la visita che, nell’antichità, i tre Araldi Sacri compivano per tutta l’Ellade proclamando i Giochi imminenti presso il recinto sacro di Zeus, appunto Olimpia . Per conseguenza, le cerimonie religiose occupavano una parte sostanziale dei cinque giorni dei Giochi, sostituite, con l’andare del tempo fino ai nostri giorni, da un nuovo tipo di spiritualità, meno mistica e più legata agli dei da tubo catodico, agli indispensabili Sacerdoti del Tempio, agli sponsor salvezza di ogni disciplina sportiva. Il culto della Vittoria, oggi come allora. Solo lei portava la gloria. La partecipazione, l’attività agonistica come tale, non era una virtù : la sconfitta portava vergogna eterna. Lo spirito competitivo permea tutta la nostra società, nonostante il vituperato De Cubertin e la sua teoria dell’importanza dell’esserci, persino le scarpe sportive più alla moda richiamano i benefici dell’alata dea del trionfo. Vinco, quindi sono. E l’aberrazione del concetto di vittoria consente ad addestratori poveri di spirito e cultura sportiva di infangare, oggi come allora, il significato profondo della competizione , di deturpare il valore dell’agone sportivo. Già il filosofo greco Aristotele approvava l’Educazione Fisica per i giovani ma poneva in guardia i maestri del tempo dagli effetti dannosi di una precoce specializzazione sportiva intensiva. Un inno all’Attività Motoria educativa. Un valore che il tabernacolo olimpico ha il dovere di salvaguardare, perché, qualunque sia la disciplina proposta, focalizzi l’attenzione sullo sport vissuto come crescita umana, oltre che come sacrosanto spettacolo di campioni. E di bravi maestri l’A.S.Varese 1910 ne conta molti, educatori che dispensano sapienza motoria, slegati dal credo da “Processo del Lunedì”, ottimi tecnici dell’infanzia che, negli anni, hanno saputo riempire di contenuti educativi uno sport facilmente inquinabile come il Calcio, facile preda di isterismi da superficialità, ma da loro ricondotto alla dimensione di gioco, da far gustare a legioni di bambini felici di divertirsi correndo con un pallone tra i piedi, immaginando di essere Ronaldinho, Kakà, Neymar, accendendo la fiamma della gioia sportiva, del divertimento che è apprendimento, è intelligenza. Non solo motoria.
                                                              Marco Caccianiga                       

Nessun commento:

Posta un commento